Tunisia: nuovo governo di unità nazionale, i tempi si allungano

  

Si profila in Tunisia una lunga crisi politica dopo il "balzo in avanti" del presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, che ha proposto a sorpresa la formazione di un governo di unità nazionale. I partiti sono rimasti spiazzati dall'iniziativa del capo dello Stato. La lunga serie di riunioni tra le diverse anime politiche del paese testimoniano che la mossa di Essebsi non era concordata. I giochi ora sono aperti ed è difficile prevedere quando il nuovo governo unitario salirà al potere. Una fonte politica locale ha riferito che sicuramente il nuovo esecutivo entrerà in carica prima della pausa estiva di agosto. Il futuro governo, inoltre, dovrebbe essere composto da politici e non da più tecnici.

Il destino dell'attuale primo ministro Habibi Essid, tecnocrate prestato alla politica, pare ormai segnato. Su questo il partito Nidaa Tounes, che riunisce il fronte laico nazionale, è stato chiaro: la nuova compagine governativa dovrà essere guidata da una "persona nuova" in grado di attirare "ampi consensi". E' interessante notare come il presidente Essebsi abbia espressamente richiesto la presenza dell'Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt) nel nuovo esecutivo. L'organizzazione sindacale - vero e proprio attore politico nel paese, premiato con il Nobel per la pace 2015 insieme agli altri componenti del Quartetto per il dialogo - finora si è defilata. Il segretario dell’Unione generale del lavoro tunisina (Ugtt), Houssine Abassi, ha annunciato lo scorso 3 febbraio il suo sostegno all’iniziativa del presidente, precisando tuttavia che per il momento il sindacato non prenderà parte al futuro esecutivo.

Il sindacato mantiene un atteggiamento prudente perché teme di indebolirsi: se da una parte l'ingresso nel governo garantirebbe maggiore potere decisionale, dall'altro ne ridurrebbe la popolarità e, a lungo andare, potrebbe comprometterne l'indipendenza. Un discorso a parte merita il partito democratico musulmano Ennahda, prima forza in parlamento con 69 deputati ma scarsamente rappresentante nel governo Essid. Appare nell'ordine naturale delle cose, infatti, che gli islamisti moderati abbiano un peso maggiore nel nuovo esecutivo di unità nazionale voluto dal presidente Essebsi. E' impossibile, per ora, prevedere quale sarà la quota di ministri di Ennahda. Certamente dopo l'abile operazione di "marketing politico" avviata dallo sceicco Rachid Gannouchi, che ha annunciato il superamento del cosiddetto "Islam politico" in favore di un approccio "democratico musulmano" aperto a tutti, il partito appare oggi molto più rassicurante agli occhi dei partner internazionali: anzi, Ennahda potrebbe rappresentare un modello di "democrazia islamica" da esportare nella regione. 

Ma dopotutto la formazione politica di Gannouchi resta affiliata ai Fratelli musulmani, la più grande organizzazione internazionale islamista, finanziata e sostenuta, tra gli altri, dal Qatar. Proprio nella capitale qatariota Doha si è recato nelle scorse settimane il presidente Essebsi, il quale ha discusso tra le altre cose della restituzione di un lucroso prestito del valore di 1 miliardo di dinari tunisini (circa 500 milioni di euro) erogato alla Tunisia nel 2012. E non è un caso, forse, che il ministro delle Finanze tunisino, Slim Chaker, abbiamo indicato nella scadenza del finanziamento del Qatar una delle maggiori difficoltà per le casse tunisine, svuotate da una crescita inferiore alle attese e dall'azzeramento del comparto turistico. 

Resta da vedere quale sarà l'accoglienza di paesi come Egitto ed Emirati Arabi Uniti, ostili alla Confraternita, a un nuovo governo tunisino con una forte componente islamista, seppur moderata. In passato, il presidente Essebsi si è scontrato con gli emiri di Abu Dhabi - perdendo anche vantaggiosi accordi nel settore della difesa - per essersi rifiutato di seguire l'esempio del Cairo, dove il presidente-generale Abdel Fatah al Sisi ha messo al bando la Fratellanza musulmana e instaurato uno pseudo regime militare. Non è un caso, anche qui, che nel suo recente tour estero, il capo dello Stato tunisino si sia recato in Kuwait, Egitto, Giordania, Bahrein, Qatar ma non negli Emirati. "Il ghiaccio è sempre destinato a sciogliersi”, ha detto Essebsi parlando dei rapporti con gli emiratini, confermando l’esistenza di tensioni fra il suo paese e Abu Dhabi.

In Libia, invece, un eventuale esecutivo tunisino con una maggiore presenza di Ennahda instaurerebbe da subito buoni rapporti con il governo di accordo nazionale di Tripoli, riconosciuto dall'Onu quale legittimo rappresentante del popolo libico e sostenuto con forza da Qatar e Fratellanza musulmana. Il leader dei democratici musulmani Ghannouchi, parte sua, ha appoggiato l’iniziativa del presidente della repubblica per formare un governo di unità nazionale, chiedendo a tutti i partiti politici e alle organizzazioni nazionali di sostenerlo. “Il paese ha bisogno di riforme strutturali che potrebbero essere dolorose”, ha precisato il capo di Ennahda. Le dichiarazioni sono giunte nel corso di un’intervista rilasciata da Ghannouchi all’emittente televisiva tunisina “Nessma”. 

Abbiamo accolto con favore questa iniziativa, che fa parte del consenso politico generale e contribuisce a ristabilire l'equilibrio sulla scena politica”, ha aggiunto Gannouchi, secondo cui Essebsi ha presentato diversi indicatori economici preoccupanti, ma non irreparabili". Secondo il leader tunisino, questa mossa arriva in tempo per riequilibrare il panorama politico, soprattutto dopo il congresso di Ennahda che ha dimostrato che è l'unico grande partito ancora sulla scena. Ghannouchi ha aggiunto che la proposta di formare un governo di unità nazionale era già stata fatta dal suo partito prima della formazione del governo attuale. Il partito del fronte laico nazionale Nidaa Tounes, da parte sua, si è detto a favore dell'iniziativa del capo dello Stato. Attraverso un comunicato diffuso venerdì scorso, 3 giugno, il blocco parlamentare della formazione politica ha annunciato il proprio sostegno e disponibilità ad avviare immediatamente un dialogo con le forze nazionali coinvolte nell'iniziativa.

In seguito alla scissione interna di Nidaa Tounes, avvenuta a gennaio delle correnti contrarie al sodalizio con gli islamisti, i rivali di Ennahda sono divenuti la prima forza all'interno dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp, il parlamento monocamerale tunisino). Questo cambio nei rapporti di forza, tuttavia, non si era riflesso in una maggiore presenza dei democratici musulmani all'interno della compagine governativa, dove sono comunque presenti controllando due-tre ministeri su totale di 27. E' probabile che adesso, in seguito alle pressioni del presidente Essebsi in favore di un nuovo governo, gli islamisti moderati possano ottenere qualche poltrona in più, proporzionalmente al loro peso in parlamento. 

Se il nuovo governo seguirà l'esatta composizione del parlamento, Ennahda avrà un ruolo di maggiore importanza grazie ai suoi 69 seggi. Seguirebbero poi Nidaa Tounes con 56 seggi e i 28 "scissionisti" del blocco Al Horra. Al quarto posto per ordine di importanza ci sarebbero i 15 parlamenti del Fronte popolare, formazione di sinistra finora relegata all'opposizione. L'Unione patriottica libera (Upl, attuale partner del governo) figura subito dopo con dodici seggi, seguita dai social-liberali di Afek Tounes, con dieci seggi (otto del partiti e due degli alleati), lo stesso numero del Blocco socia-democratico, alleanza composta da partiti minori.